sabato 11 febbraio 2012

Intervista a Nonfarmale, ex professore del Bagatta, oggi assessore alla cultura del Comune di Manerba


INTERVISTE AI POLITICI

Intervista a Nonfarmale, ex professore del Bagatta, oggi assessore alla cultura del Comune di Manerba

Andrea Nonfarmale, ex professore di storia e filosofia al Liceo Bagatta di Desenzano, oggi assessore a cultura e pubblica istruzione di Manerba
Data la sua scelta di dedicarsi alla politica, vorrei chiederle come vede il legame tra cultura e politica, platonicamente indissolubile, ma che, oggi, appare sempre più inconciliabile.
Non ho avuto un’attrazione spontanea precoce alla politica, solo a tarda età ho sentito che non potevo esimermi dal dare un mio contributo anche nella sfera delle responsabilità politico-sociali. Più che una scelta autonoma, si è trattato di una risposta alla sollecitazione di amici che chiedevano un mio apporto.
E’ stato quello il momento in cui il mio percorso filosofico mi ha portato a scegliere: accontentarmi di gestire idee magari auspicando dagli altri di ispirarsi e realizzarne gli ideali oppure di cercare io stesso di concretizzare quel bisogno di giustizia e di bene comune, frutto della mia frequentazione filosofica. Propio l’esempio di Platone mi è stato di conforto, ma anche, se non soprattutto, l’istanza di un Cristianesimo che vede nella politica una possibile forma alta di quella carità in cui esso stesso si essenzializza. Pur consapevole che sarebbe stato un percorso laborioso e difficile, io dovevo fare il mio dovere.
Naturalmente concepivo il mio contributo prevalentemente nell’ordine di una crescita culturale ad ampio raggio, ma sempre finalizzata alla formazione di cittadini veri, consapevolmente ispirati ai valori della tolleranza, giustizia e buona convivenza sociale. Ritenevo e ritengo che le nostre comunità abbiano urgente bisogno del recupero di una cultura umanistica atta a rigenerare le radici del senso di appartenenza reciproca contro alla decadenza individualistico-consumistica che un certo tipo di progresso ha negativamente diffuso.
Come membro del Centro di Cultura Bazoli, già trent’anni fa, si è reso conto della necessità di un confronto culturale in modo da affrontare quella decadenza etico-morale che, allora come oggi, rappresenta una questione di centrale importanza. Ci ricorda la sua esperienza?
Non sono stato uno dei membri fondatori del Centro, ma sono stato sollecitato prima come fruitore e poi come componente del gruppo organizzativo. Ciò che per me era più significativo era il trovarmi a fianco di persone genuine, disinteressate e sinceramente impegnate a contribuire all’elevazione spirituale della comunità del basso Garda.
Perché spirituale?
Perchè il Centro era animato dalla consapevolezza di un incombente nichilismo individualistico-materialistico che disorientava gli uomini del nostro tempo e di fronte al quale non si poteva rimanere disattenti o passivi. Occorreva, quindi, responsabilizzarsi per mantenere viva una “spiritualità” nella sua accezione pregnante: diffusione di cultura in tutti gli ambiti, ma verso il comune recupero di un’antropologia autentica, etica e cristiana al tempo stesso.
Filosofia e teologia erano le due coordinate accomunanti le iniziative del Centro, all’insegna di convegni e conferenze di personalità qualificate che hanno, allo stesso tempo, segnato la storia del Centro, ma anche il tempo delle comunità del basso Garda. Esperienza straordinaria, anche se segnata dagli alti e bassi che le opere umane portano con sè.
Alla luce del panorama odierno nell’istruzione, come vede il ruolo dell’insegnante e come pensa possa essere valorizzato?
Talvolta ho l’impressione che stiamo vivendo in una fase crepuscolare di una scuola fondata sul λόγος, parole nei concetti, concetti nelle parole. Il trionfo delle immagini e dei messaggi informatici,infatti,sta mettendo a rischio la profondità dello spirito, quello che vive di parole pensate e di silenzi riflessivi.
Cosa potrà esse la scuola senza λόγος*? La scuola dovrebbe essere spazio di alimentazione spirituale dei giovani ed i docenti si dovrebbero sentire “funzionari” dell’umanità, atti a coltivare la pluralità dello scibile umano con serietà e metodo, al fine delle formazione civica ed etica degli alunni, cosicchè possano diventare “personalità”.
La mia esperienza scolastica si è ispirata alle parole con cui Kant chiude la sua “Critica della ragion pratica”: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova… il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”. Nel cielo stellato c’è tutto ciò che appartiene al bello ed all’artistico ed è proprio l’educazione al piacere disinteressato a sfociare in quella moralità della vita che ci abilita ad essere uomini buoni e giusti. Tutto questo è l’essenza della scuola e in questa atmosfera credo debbano muoversi ancora i docenti e le comunità studentesche del nostro tempo e del tempo a venire.
Anna Boscaini

fonte ilcorrieredelgarda.info